domenica 30 ottobre 2011

Dove vogliamo andare?

La domanda che da sempre mi sorge spontanea è: dove voglio andare?
Mi pare il quesito base, che apre la strada alla possibilità di scegliere ogni più piccolo aspetto della propria vita. Bisogna pur scegliere una direzione, che sia verso il bar con gli amici, la casa dove ci aspetta la famiglia, il luogo di lavoro o le Mauritius per le nostre vacanze.
Si può andare oltre alle scelte che riguardano la quotidianità (tipo le Mauritius): si può interrogarsi con riferimento a mete astratte. Ad esempio possiamo chiederci dove vogliamo andare professionalmente o sentimentalmente. Astraendo ancora un po' si può persino arrivare a domandarsi dove si intenda andare nella vita.
Volenti o nolenti, la domanda basica accompagna ogni attimo della nostra esistenza.
Credo siano considerazioni del tutto evidenti, che chiunque avrà già fatto, chiuso nella propria stanzetta dell'età puberale.
Trovare delle risposte non è facile e, anche se la pizza da Gigi della domenica sera è sempre un'ottima opzione, ciascuno intimamente si affligge nella ricerca.
Nonostante l'individualismo imperante sembri aver superato le vecchie categorie, trasformando l'uomo contemporaneo in uno scimmiesco superuomo che basta a se stesso, mi illudo di pensare che nessun uomo sia un'isola, come sosteneva John Donne.

"Nessun uomo è un'isola, intero per se stesso;
Ogni uomo è un pezzo del continente,
parte della Terra intera; e se una sola zolla vien portata via
dall'onda del mare, qualcosa all'Europa viene a mancare,
come se un promontorio fosse stato al suo posto,
o la casa di un uomo, di un amico o la tua stessa casa.

Ogni morte di uomo mi diminuisce perché
io son parte vivente del genere umano.

E così non mandare
mai a chiedere per chi suona la campana:
essa suona per te".

Non voglio fare il filosofo, perché non ne ho le doti. In ogni caso, sarà pur lecito che un povero Cristo come me faccia le sue stolte considerazioni!
Dunque se non siamo delle isole, eleviamo quella benedetta domanda a domanda collettiva: dove vogliamo andare?
Noi della scala A, noi del quartiere, noi del comune, noi della provincia, noi della regione, noi italiani, noi europei, noi del mondo dove vogliamo andare?
Ecco, nessuno se ne interessa. Non si sa quale sia il fine delle collettività a cui apparteniamo. Sembra che viviamo densamente gli uni sugli altri in fetide città così per caso. O forse è solo per approfittare gli uni degli altri, in maniera disincantata, individualista e relativista (con anche un certo macchiavellismo di fondo, che non guasta mai).
Ma a chi la andiamo a raccontare? Non siamo isole e non siamo così spregevoli.
La mia conclusione è che siamo troppo grassi e pieni di impegni. Il fatto di non essere isole ce l'avevamo in mente un po' di anni fa', oggi ce lo siamo dimenticati e vaga nella memoria come un alone sfumato. Tantomeno pensiamo a quale sia il fine dello stare tutti raggruppati. Mica ci chiediamo, collettivamente, dove intendiamo andare.
Vabbè, che importa? Facciamoci uno spuntino, al resto ci penseremo domani.

1 commento:

  1. Mi dispiace deluderti ma sono del parere che il concetto di isola ormai ha preso piede in magggior parte di Europa e del mnondo occidentale in genere che si è spinto molto avanti sul concetto di denaro e proprietà privata che sarà difficile per il momento sradicare.

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